ARPA BIRMANA                     


L’INIZIO DELLA RICERCA DEI CADUTI NEL NORD ITALIA E DELLA COMPILAZIONE DEGLI ELENCHI Storia di uno che ha perso la guerra
Lidia Antolini Baldrati
 
    
    E’ l'estate del 1945!
    L'Italia è appena uscita dalla tragedia e gli italiani sono in festa perché hanno vinto la guerra contro il nazismo, a fianco degli angloamericani e dei russi.
    Dimenticati i bombardamenti e l'oscuramento, tripudiano e inneggiano alla riconquistata libertà.
    Ma una parte di italiani, un numero molto limitato, la guerra l'ha perso davvero. Non ha aiutato gli angloamericani a mettere in ginocchio la nazione, dopo tre anni di conflitto aperto. Sono i pochi che si sono battuti per contrastare l'avanzata dello straniero sul suolo italico e si sono opposti alle azioni di sabotaggio, agli attentati, alle distruzioni che rendevano difficile la resistenza dell'esercito germanico e provocavano dolorose rappresaglie sulla popolazione.
    A questo sparuto gruppo di Italiani, ben individuato, è facile e comodo addossare la colpa di lutti e rovine e punirli inesorabilmente per la loro inopportuna ostinazione; è imperdonabile che non abbiano dimostrato una ragionevole duttilità sostituendo tempestivamente, sul bavero della giacca, il vecchio distintivo con la coccardina tricolore. Su questi unici responsabili della dittatura, delle leggi razziali, dell'alleanza con la Germania, della guerra e di tutte le disgrazie conseguenti, gli eroi dell’attendismo e dell'imboscata possono finalmente - ad armi deposte - esercitare le loro vendette, per dimostrare clamorosamente la loro fede antifascista. E come si impegnano in questa nobile missione! E'ininfluente, per loro, il fatto che molti di questi volontari all'epoca delle grandi decisioni fossero appena adolescenti.
    Numerosi fascisti vengono massacrati senza processo, molti "giustiziati" dopo sentenze da burla dei "tribunali del popolo" e delle assise speciali, una gran parte chiusi nelle galere e nei campi di concentramento.
    I più fortunati se la cavano con la perdita del posto di lavoro e, se donne, con il ludibrio della rapatura a zero.
    Tra l'euforia di molti e l'umiliazione di pochi, decine di migliaia di Italiani scompaiono, interi reparti di soldati, dopo la resa, vengono depredati ed uccisi; altri vengono prelevati nelle loro abitazioni e non se ne ha più notizia.
    L'amnistia copre queste belle imprese ed i superstiti non hanno il diritto di protestare; se lo fanno seguono la stessa sorte.
    Non è passato un anno da questo drammatico periodo che un giovane superstite, che a quindici anni era entrato a far parte della Brigata Nera di Como, dopo aver operato nelle formazioni antincendi dell'Opera Balilla, si interroga sulla buona sorte che gli ha risparmiato la fine di altri suoi camerati. Il ricordo degli amici uccisi lo accompagna sempre, anche se, ripresa la scuola media superiore, tutto per lui potrebbe ricominciare.
    Nel tempo libero dallo studio si impegna a raccogliere notizie sulle stragi e sugli assassini girando la provincia con la sua bicicletta. Con bella incoscienza giovanile, si rivolge ai segretari comunali per chiedere le informazioni che finora erano state taciute, frequenta anche le canoniche ed ottiene qualche notizia dai parroci, non sempre entusiasti di queste indagini imbarazzanti. Cerca testimoni di quelle vicende. Il ragazzo è molto alto e robusto ed ha un piglio autoritario che maschera la sua giovane età; ha scoperto un articolo di legge che impone ai Municipi la cura e la salvaguardia delle tombe delle vittime di guerra. Naturalmente, nella nuova Italia, nata dalla resistenza, tutta permeata di zelo antifascista, l'idea di ottemperare ad una norma che rende un tardivo onore ai fascisti massacrati sembra un'assurdità. Ma il giovane è ostinato ed incosciente quanto basta per non mollare il suo proposito e riesce ad ottenere qualche provvedimento da parte di alcuni funzionari, impedendo riesumazioni ed usurpazioni di tombe e strappando l'autorizzazione a porre anche qualche segno distintivo: modeste croci e piastrine metalliche con nomi e qualifiche. Le date molto spesso sono approssimative, perché i poveri resti sono stati rinvenuti casualmente, dopo giorni o mesi dalla cattura.
    Negli anni successivi il giovane continua le ricerche al servizio della verità attraverso l'Unione Combattenti della Repubblica Sociale Italiana. Riesce a farsi rilasciare i certificati di morte di tutti i militari e civili trucidati delle zone di Como, Sondrio, Varese.
    Assiduamente frequenta testimoni più o meno riluttanti, superstiti di formazioni della Repubblica, distretti militari e mette insieme elenchi che si arricchiscono sempre di più.
    Nella sua città, Como, ottiene perfino che i resti dei fascisti trucidati vengano posti nel Sacrario Militare accanto agli altri Caduti.
    Non tralascia di recuperare resti insepolti e di dare loro onorata sepoltura e, quando è possibile, un nome.
    In qualche caso, le notizie così raccolte permettono la ricostruzione di certificati che danno titolo ad ottenere pensioni per i superstiti.
    Legge tutti i libri di memorie, anche quelle dei partigiani e, confrontando cifre e località, riesce a definire modi e circostanze di quei decessi; è un lavoro che dura per anni e che gli consente di compilare elenchi di oltre settantamila Caduti, con nomi e circostanze, nomi che corrispondono ad altrettanti scomparsi oppure a resti abbandonati. Lavora anche a due libri fondamentali per la storia delle Forze Armate della Repubblica Sociale Italiana, ma l'opera più importante di Pieramedeo Baldrati, l'opera che gli stava più a cuore è questo elenco di Caduti a cui attingono - giustamente, doverosamente - tutti quelli che non hanno dimenticato quel tragico, glorioso sacrificio e che intendono rendere giustizia alla verità ed alla storia.
 
 
NUOVO FRONTE N. 190 Marzo 1990 (Indirizzo e telefono: vedi PERIODICI) 

ARPA BIRMANA

DOMUS